09 Febbraio 2023 · Cultura

'Prendersi cura dei giovani, una responsabilità che non possiamo evitare'

Il mio discorso finale (in cinese!) alla fine del corso di lingua presso l'IDIA (Institute of Diplomacy and International Affairs). Presenti l'incaricato d'affari della Santa Sede, mons. Stefano Mazzotti, e il nuovo presidente dell'IDIA, l'on. Andrea Li.
Taipei (BC) - Dopo un anno di studio per riprendere la lingua cinese a livello avanzato, la scuola (IDIA, Institute of Diplomacy and International Affairs), mi ha chiesto di preparare un discorso in cinese. Il tema che ho scelto riguarda i giovani di Taiwan, ma anche un loro confronto con i giovani di Hong Kong, dell'Italia e della Cina. Ecco il testo integrale in italiano.

Carissimo Presidente Andrea Li,
illustri ospiti,
carissimi professori e compagni di studio,
 
grazie per essere venuti a questo incontro che conclude il mio anno di studio di cinese e per il quale ringrazio l’IDIA che mi ha offerto questa preziosa opportunità.
Questa è la seconda volta che faccio una presentazione qui all’IDIA.
Lo scorso aprile 2022, nella mia prima sessione di studi, ho parlato delle scoperte che ho fatto a Taiwan: dell’ospitalità amichevole dei taiwanesi, del buon rapporto che sta nascendo fra i padri e le figlie, del civismo nella raccolta dei rifiuti, dell’amore alla storia della Cina e dell’arte, della libertà che si gode a Taiwan nel dialogo culturale fra oriente e occidente.
In questa seconda presentazione vorrei parlare di alcuni giovani che ho incontrato in questi mesi, delle loro fatiche e delle loro speranze, mettendoli in rapporto con i giovani che conosco in Italia, a Hong Kong, in Cina e in altre parti del mondo.
Questo mio lavoro non è una conferenza sui giovani, né un’analisi del mondo giovanile. Occorreva molto tempo per fare un completo lavoro scientifico, un tempo che io non avevo, dato che lo studio mi ha molto impegnato.
Il mio tentativo è di presentare alcuni ritratti, esprimendo le idee, i sentimenti, le domande che i volti incontrati mi comunicano.
Naturalmente, questi ritratti rappresentano una parte del mondo giovanile che qui a Taiwan viene studiato e analizzato da tempo. I giovani – si dice spesso – sono il futuro di una nazione e quello che accade a loro avrà in qualche modo conseguenze sul futuro di tutti.
Per questo, avere cura dei giovani, ascoltarli, comprendere quello che loro hanno nel cuore, è un impegno importante per tutta la società. Certo io spero che quanto dico possa dare suggerimenti anche alla politica giovanile di Taiwan o della Cina, o dell’Italia. Ma da parte mia non mi permetto di dare suggerimenti stringenti, avendo vissuto a Taiwan solo per un anno.
Dal punto di vista personale trovo importante avere a cuore questi giovani incontrati perché il lavoro che mi attende a Hong Kong è quasi senz’altro fra i giovani dell’università cattolica san Francesco. Vedo perciò questo lavoro come un regalo prezioso che i giovani di Taiwan danno a me e ai giovani di Hong Kong.
 
Il lavoro e la casa
 
Il primo motivo che mi spinge a parlare dei giovani è averli visti tutti i giorni in metropolitana: chi dorme, chi usa il telefonino per giocare, per leggere i social, guardare video… ma senza parlare, nemmeno fra loro. È vero che al mattino si è un po’ assonnati e che siamo in regime di Covid, in cui si consiglia di non parlare in metropolitana. Ma i ragazzi non sono mai stati un esempio di grande disciplina!
Il silenzio domina anche all’uscita di scuola: ogni ragazzo sta per conto suo, occhi stanchi, che evitano di guardare l’altro, sonnolenza e tristezza.
Ho notato lo stesso fenomeno ad Hong Kong. Mi dicono che anche in Italia andare a scuola per i giovani è divenuto un gesto triste. Nel mio Paese si dà la colpa al Covid e all’isolamento che gli studenti hanno vissuto per quasi due anni. A Hong Kong si attribuisce la causa alla perdita di speranza causata dai cambiamenti politici avvenuti nel territorio e alla repressione seguita alla legge sulla sicurezza nazionale.
Secondo alcuni insegnanti la tristezza dei giovani di Taipei è dovuta al carico di studio a scuola e al doposcuola, più o meno 7 giorni su 7, con le pressioni da parte di genitori e insegnanti perché riescano a passare l’esame di ammissione in una buona università.
La stessa situazione si nota nella Cina popolare, dove il successo per l’esame di ammissione concentra per anni le energie di tutta la famiglia. Con tutto questo studio e pressioni temo che ci sia poco spazio per i giovani di esprimere sé stessi in modo libero, tranquillo, raccontando o facendo qualcosa che essi sentono profondamente.
D’altra parte è forse difficile trovare un equilibrio fra i doveri dello studio e il gioco, fra il consumarsi per il futuro e godere del presente. In più la nostra società a livello mondiale è strutturata sulla competizione e sul successo a tutti i costi. Starne fuori è improbabile, a meno di scegliere non il lavoro con il salario più alto, ma il lavoro che ci esprime di più.
E ho incontrato persone di questo tipo.
Max è un giovane di 24 anni. Ha deciso di fare il restauratore. All’inizio mi ha chiesto informazioni per alcune scuole di restauro in Italia. Ma poi ha scelto di seguire dei corsi in una università di Taiwan, volendo specializzarsi in restauro di mobili antichi cinesi.
La scelta di Max mi sembra molto significativa: in una società taiwanese, conosciuta in tutto il mondo per i semiconduttori, i computer, i software, che un giovane scelga la via dell’artigianato è segno di coraggio. In più, il suo amore per l’arte dice che nell’animo dell’uomo ci sono cose che appagano il nostro cuore più del denaro.
Max sa già che il suo lavoro non gli permetterà una vita lussuosa. Ha già in programma di trasferirsi in un’altra città, diversa da Taipei, dove vive la sua famiglia. Qui a Taipei le case sono molto costose e gli affitti sono molto alti. Inoltre l’edilizia popolare sembra ferma da anni e molti giovani rimandano decisioni importanti come il matrimonio perché non riescono a guadagnare a sufficienza per potere andare ad abitare in una casa propria.
A Hong Kong vi è una situazione simile. Da anni il governo concede terreni alle compagnie edilizie che costruiscono case e grattacieli per i ricchi. Molti giovani, pur sposandosi e non avendo salari alti, sono costretti a vivere con i genitori di lei o di lui in appartamenti piccolissimi e perciò affollati.
Secondo alcuni analisti, questo è uno dei motivi che in questi anni ha spinto i giovani alla ribellione contro il governo nella “rivoluzione degli ombrelli” (2014) e nelle manifestazioni del 2019-2020, sfociate talvolta nella violenza.
In Italia, invece, i giovani preferiscono non sposarsi e ritardare l’uscita dalla casa dei genitori per molti anni. Così è facile trovare 40enni o 50enni che vivono ancora insieme al padre e alla madre.
La mancanza di edilizia popolare – in Italia come in Cina, Hong Kong e Taiwan - è una delle cause che contribuiscono al drastico calo delle nascite, dato che non permette si formino nuove famiglie.
 
La depressione
 
Un problema molto più complesso è quello della depressione fra i giovani.
Secondo la Central News Agency, l’agenzia stampa nazionale di Taiwan, circa il 30% dei bambini e giovani di Taiwan soffrono di disordini mentali e hanno bisogno di assistenza professionale. I dati sono quelli del Ministero della salute e del welfare e risalgono al 2017. Ma sono confermati in qualche modo da un’altra statistica: il “Taipei Times” del 5 luglio 2022, riportando dati dell’Assicurazione sanitaria nazionale, dice che nel 2020 il 16,1% dei giovani sotto l’età di 30 anni prende degli anti-depressivi. Da un anno all’altro vi è un incremento del 5%.
I dati sono molto simili a quelli dell’Italia e della Cina. Per Hong Kong vi sono addirittura cifre che parlano del 40% di giovani con problemi di depressione.
Gli scienziati attribuiscono la causa ai cambiamenti sociali, ai rapporti interpersonali tesi, allo stress sul luogo di lavoro. In effetti, se si guarda all’Italia, si comprende che è la mancanza di rapporti in famiglia – con genitori entrambi assenti per lavoro, o con problemi di convivenza che portano alla separazione e al divorzio – ad essere una delle cause scatenanti.
In Cina, secondo alcuni amici psicologi, oltre alla pressione per lo studio e le difficoltà di relazione, vi sono anche problemi di insicurezza e ansia dovuti all’inquinamento, a cibi sofisticati e avariati, acqua non pulita, …
A Taiwan, secondo quanto mi dice Alan, 22 anni, studente universitario di inglese, è la mancanza di rapporto fra genitori e figli che causa la depressione. Lo stress è dovuto al fatto che i genitori programmano la vita dei figli senza tener conto dei loro desideri e della loro personalità, evitando apprezzamenti e valorizzazioni, non preoccupandosi di far crescere in loro la fiducia in sé stessi.
Alan mi ha confidato di aver interrotto gli studi per un anno, ma non ha voluto dire di più, ha solo accennato a “motivi personali”.
Francis, 27 anni, è un giovane che finiti gli studi ora lavora nel mondo del software. Ma ha dovuto fermarsi per un anno a causa della sua depressione. Mi dice: “I giovani qui sono molto soli, non hanno nessuno che sia interessato a loro. Nessuno ascolta le ferite che noi abbiamo nel cuore”.
Francis fa notare che c’è come un abisso fra gli adulti e i giovani, e non c’è comunicazione reciproca, ma “solo ordini che vengono dall’alto e che vanno eseguiti”.
Francis mi dice che ad un certo punto ha perso la fiducia nel mondo degli adulti, guardando ad essi come nemici della sua vita.
Per la depressione vi sono certo medicine; in Italia molte scuole si sono dotate di psicologi; ma il problema è soprattutto ricostruire il rapporto fra genitori e figli, guardando a questi non come un oggetto da plasmare, ma come una personalità unica, specifica, assoluta da fare emergere e potenziare.
Le persone depresse non riescono a lavorare, portano alla disgregazione sociale, opponendo mondo degli adulti e mondo dei giovani, e talvolta esse giungono al suicidio. Per questo, curare la depressione salva non solo l’individuo, ma anche la società.
 
Le religioni e gli amici
 
Ci sono possibilità per cambiare questa situazione? Taiwan ha le risorse per recuperare i giovani segnati da questi problemi? Io credo di sì.
Anzitutto il governo potrebbe facilitare l’assunzione dei giovani, con un salario adeguato e lanciando progetti di edilizia popolare che alleggeriscano la pressione economica e l’insicurezza a cui i giovani sono sottoposti.
Poi vi è la necessità di trasformare i rapporti familiari, fra genitori e figli. Mi ha fatto impressione sapere che ad Hong Kong un padre passa coi figli solo 5 minuti al giorno. Certo, ciò è dovuto ai ritmi incalzanti del lavoro che assorbe ormai la quasi totalità del tempo degli adulti. Ma anche questo può cambiare: la cura dei giovani serve alla società almeno quanto il lavoro e la produzione.
Occorre anche che il tempo da passare coi figli sia un tempo di ascolto, favorendo la comunicazione del loro io, non soltanto imponendo leggi e regole da far seguire, pena il rifiuto o l’umiliazione.
Anche la fede religiosa può dare un certo aiuto.
Mesi fa ho visitato il tempio di Longshan nel centro antico di Taipei. La pagoda centrale è dedicata al Budda Guanyin, il Budda della misericordia, ma le nicchie sul retro sono dedicate a divinità taoiste. A destra vi è la statua del dio della Letteratura. Sono rimasto stupito nel vedere un centinaio di ragazzi 15enni e di giovani pregare con intensità quel dio, chiedendo la possibilità di superare l’esame di ammissione e la forza per affrontare le fatiche della preparazione.
Si dice che i giovani di Taiwan non siano religiosi. La mia piccola esperienza mi dice di no. Certo, in questo caso si può dire che i giovani ricorrono a dio solo perché ne hanno bisogno per l’esame; la loro fede è interessata e ha motivi pratici. In ogni caso è una dimensione che allarga lo sguardo sulla propria vita e non fa restringere gli occhi solo sulle cose immediate. In qualche modo questa preghiera fa sorgere una speranza oltre i problemi e le pressioni quotidiane.
All’università cattolica FuDa si propongono agli studenti dei corsi di filosofia della vita, sui valori più importanti dell’esistenza, sull’amicizia, paragonandoli con l’insegnamento della Bibbia e del Vangelo. Anche questo è un modo importante per comprendere che la vita è più grande dell’interesse immediato, che l’esistenza è più importante del vestito che si indossa o del cibo che si mangia: insomma, che la vita ha un orizzonte più grande dei valori materiali, del denaro e del benessere.
Anche altre università (statali) hanno corsi per insegnanti sulla filosofia della vita e sull’amicizia, aiutando gli adulti a comprendere valori come il rispetto, l’ascolto, il servizio gratuito, l’amore come dono di sé.
Un altro esempio luminoso di come è possibile affrontare e risolvere i problemi dei giovani mi è venuto dall’incontro con un imprenditore taiwanese ora in pensione. Il dott. Che He Dao (Her Daw) è stato fra i più brillanti studenti e laureati di Taiwan. È emigrato poi negli Stati Uniti dove ha lavorato nel campo dei computer, nella Silicon Valley. Ora che è in pensione ha deciso di aiutare i giovani di un villaggio di Yuan Zhu Min, nel centro dell’isola, passando sei mesi negli Usa e sei mesi a Taiwan. Nel villaggio lui e un gruppo di missionari presbiteriani hanno fondato una scuola di recupero, una specie di bushiban per i ragazzi e le ragazze del villaggio. Essi non solo aiutano i giovani nel rendimento scolastico, ma li rafforzano nella fiducia di sé e nell’amicizia fra loro, organizzando anche un coro che ormai fa spettacoli in tutto il mondo.
Molti di loro hanno superato l’esame di ammissione in università – prima avveniva molto raramente. Inoltre, quando i giovani vanno in città per trovare lavoro, grazie alla loro preparazione e alla fiducia in sé stessi trovano finalmente la loro strada e non finiscono – come succedeva prima – nella criminalità o nella prostituzione.
Ho domandato al dott. Che perché fa questo. Lui mi ha risposto che il suo agire non ha motivi religiosi confessionali, non appartenendo lui a nessuna congregazione. “Fino ad un certo punto nella mia vita ho lavorato per me e i miei figli. Ora è venuto il tempo di offrire qualcosa agli altri”.
Io credo che finché ci saranno persone come il dott. Che, vi è speranza per i giovani e per Taiwan, come pure per il mondo. La solidarietà è un bene molto prezioso.
In conclusione permettetemi di ringraziare ancora l’IDIA per avermi donato questo anno di studi e di esperienze: grazie a tutto il personale, dal presidente, al segretario, fino ai portieri che mi hanno sempre aiutato a integrarmi. Grazie ai miei insegnanti, che sono stati sempre molto pazienti e comprensivi. Grazie anche ai giovani che ho conosciuto, che anche se con fatica affrontano problemi e difficoltà con speranza. Vado via da Taiwan arricchito non solo della lingua cinese, ma anche della vostra testimonianza.
Grazie a tutti.
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